lunedì 12 marzo 2012

XANDRIA - Neverworld's End

NEVERWORLD’S END
Etichetta: Napalm Records
Data di uscita: 24 Febbraio 2012
Genere: Symphonic Metal

Introduzione:

Prendete i Nightwish di fine anni ’90-primi 2000. Rimettete Tarja alla voce: eccovi gli Xandria. Si, lo so…è un modo un po’ atipico di aprire una recensione; ma la realtà di fronte ai nostri occhi e alle nostre orecchie è proprio questa. Siamo infatti dinnanzi ad una sorta di pseudo-clone dei finnici maestri del symphonic metal. Voce lirica, orchestrazioni pompose, mid-tempo melodici: c’è tutto quello che ha contribuito a rendere grande una realtà come i Nightwish. Gli Xandria nascono in Germania nel 1997, e dal 2003 ad oggi sono stati autori di cinque album, dei quali questo “Neverworld’s End” è il primo ad essere inciso con la bella Manuela Kraller alla voce, in seguito ad un susseguirsi di variazioni del ruolo di singer negli ultimi anni. Sarò sincero, non conosco molto bene il resto della discografia di questa band; gli ascolti dei loro vecchi dischi sono stati pochi e sporadici, tali da non potermi mettere nelle condizioni di fare confronti con il passato. Pertanto, mi baserò obiettivamente su quello che esce dallo stereo facendo girare questo nuovo capitolo della band tedesca: l’impressione ad inizio disco è ottima, un perfetto preludio per un disco che sembra essere evocativo e coinvolgente, ma, a lungo andare, ci si accorge di come dei dodici brani presenti, solo una manciata siano realmente validi, mentre altri cerchino semplicemente di seguire uno stile già ormai consolidato da anni da band come, appunto, i Nightwish o gli olandesi Epica (tralasciando la loro più recente e riuscita inclinazione verso il sympho-death). Gli Xandria hanno perizia da vendere; si presentano perfetti nei contorni, ovvero nei suoni, nell’immagine e anche nella musica stessa (non è certo brutta musica quella contenuta in “Neverworld’s End”), ma a volte manca quel piglio, quella scintilla e (spesso) quel minimo di originalità in più che permetta all’album di spiccare il volo ed essere consacrato come capolavoro. Tralasciando quindi i loro capitoli precedenti di cui non ho voce in capitolo, il nuovo lavoro tende spesso a ricalcare in maniera non convincente le orme di un symphonic metal decisamente già troppo sentito, con le classiche spruzzate di power e le venature gotico-liriche. L’ascolto della maggior parte di “Neverworld’s End” non riesce ad ammaliare quanto gli occhi azzurri di Manuela...    


Track by Track:

Partenza col botto: la maestosa epicità dell’opener “A Prophecy Of Worlds To Fall” riesce fin da subito a catturare l’attenzione, grazie al suo arrangiamento apocalittico, super-sinfonico ed estremamente energico. Nonostante si facciano già sentire i riferimenti al sound dei Nightwish (la voce ricorda molto quella della rimpianta Tarja), sembra che gli Xandria abbiano una marcia in più, ravvisabile in un approccio più aggressivo, più incisivo e graffiante rispetto ai colleghi finlandesi. Gli Xandria guadagnano un ulteriore punto in più, grazie ad una maggior propensione ad assoli di chitarra ricercati e linee di basso più in vista rispetto al sound di Tuomas e compagni. Il power sinfonico di “Valentine” (di cui è stato girato anche un videoclip) si impossessa dei nostri stereo, per una song che alterna dei momenti riusciti (come il cadenzato ritornello o il pre-assolo) ad una struttura quasi stancante e piuttosto abusata. Da notare le possenti e ben fatte orchestrazioni ed i cori a supporto della voce lirica di Manuela. Canzone decisamente prevedibile, ma tutto sommato sufficientemente energica. Un giro di pianoforte e voce, blando ma toccante, apre la melodica “Forevermore”. Lo stile tipicamente “nightwishiano” diventa sempre più preponderante e palese, strofe e refrain si susseguono su strutture ultra-melodiche altamente prevedibili, la linea vocale fa fatica a spiccare il volo, le orchestrazioni sembrano piuttosto smorte. Insomma, già a partire da un titolo tutt’altro che fantasioso, il brano è privo di mordente e del giusto dinamismo: uno sterile esercizio di stile, ma nulla di più. La partita si risolleva parzialmente con “Euphoria”, brano dal ritornello facile facile, di quelli che ti si piantano dritti in testa grazie ad una linea vocale azzeccata; ma a far la differenza è il ritorno, nelle varie strofe, di quella vena artigliante intravista nella prima traccia, in grado di regalare un tocco di emozione e di adrenalina ad un brano riuscito. “Blood On My Hands” prosegue il filone catchy-sinfonico tanto in voga mostrato finora, senza presentare troppe diversità stilistiche e senza essere in grado di farsi notare a dovere. Il semplice ritornello, più che altro, viene a mettersi in mostra grazie alla potente voce di Manuela, dimostrandosi più accattivante nelle ripetizioni finali, ma per il resto siamo davanti ad un classico brano con le solite pompose sfuriate sinfoniche in bell’evidenza. “Soulcrusher”, brano meno immediato e più articolato, gode di un’ottima partenza, aggressiva ed in grado di mettere in evidenza la corposità della band tedesca. Le orchestrazioni ed i cori sono estremamente potenti ed articolati, ma spesso è il succo del brano che non regge, soprattutto a causa di un refrain poco incisivo e di un finale troppo confusionario ed ossessivamente ripetitivo. Da plauso invece la lunga parte centrale ed il già menzionato lavoro di arrangiamento orchestrale. Non potevano mancare le toccanti ballad sinfoniche ed ecco la cullante calma del lento “The Dream Is Still Alive”, con voce e pianoforte in primo piano. I riferimenti ai vari classici dei Nightwish come “Sleeping Sun” o al calderone sympho-metal di Epica, Evanescence o Within Temptation non stentano a fare capolino. Del resto, questo tipo di tracce vengono scritte esclusivamente per emozionare, senza necessità di dover per forza inventare qualcosa di nuovo. Non fa eccezione la song in questione, dotata di un perfetto refrain dolce e carico di pathos orchestrale e corale, scorrevole ed estremamente piacevole. Quel qualcosa in più che manca ai Nightwish odierni, lo troverete invece in “The Lost Elysion”: la veloce doppia cassa ci pone di fronte ad un pezzo dai connotati tipicamente symphonic-power, in grado di dare una bella sterzata al sound spesso stantio di “Neverworld’s End”. Il brano è infatti pungente ed aggressivo, pomposo e potentissimo nelle sue orchestrazioni, in un connubio emotivo che esplode nel crescendo centrale (con tanto di bell’assolo di chitarra) e soprattutto nell’affascinante refrain, godente della perfetta ed energica performance di Manuela. Davvero un brano ottimo e sorprendente, tanto che è quasi un peccato passare alla linearità della seguente “Call Of The Wind”, brano orientato a sonorità più classiche con tanto di incursioni di violino. Sempre perfetta, manco a dirlo, la performance orchestrale ed il comparto atmosferico, ma a soffrire maggiormente sono la struttura della canzone e le linee vocali. Anche questo brano gode di una certa carica che lo rende gradevole, ma in fin dei conti non essenziale. Secondo lento con “A Thousand Letters” dove ad accompagnare la suadente voce lirica della singer mora ci pensa una delicata chitarra acustica che, in un crescendo, sfocia in un classico refrain potente ed orchestrale. Contrariamente alla sua precedente collega, questa ulteriore ballad non riesce a raggiungerne gli stessi picchi emotivi, assestandosi su delle dinamiche abusate e sicure, senza aggiungere nulla di troppo rilevante all’economia del disco. E’ il momento di “Cursed”, già sorprendente per dei riff cupi e pesanti: una sorta di southern metal travestito con preziosi ornamenti sinfonici. Ciò sicuramente dona un volto più poliedrico e curioso alla band tedesca, distaccandosi dalla produzione simil-nightwish finora mostrata, tuttavia il brano in sé non è particolarmente convincente e non riesce mai a spiccare il volo e ad esplodere a dovere. Chiude l’album la lunga “The Nomad’s Crown”, introdotta da un sithar e da suoni orientali-cinematografici. Dopo una bella introduzione, la song si dipana per nove minuti di durata tra alcuni momenti intensi e riusciti ed altri più ruffiani e stanchi. Anche in questo caso, il brano fatica a detonare e tende a stufare durante il suo lungo ascolto, riuscendo a sorprendere solo nella bella parte finale, epica e tuonante nei suoi fastosi cori. Alla fine dell’ascolto di “Neverworld’s End” rimangono sentimenti altalenanti, per aver trascorso un’ora di musica buona e ben confezionata, che però solo in parte è riuscita davvero ad elevarsi e a trasmettere la giusta carica d’emozione e di adrenalina.


Considerazioni Conclusive:

L’album degli Xandria può essere suddiviso in due parti tra loro differenti: da un lato abbiamo una band che tende a riprendere in maniera impersonale ed abbastanza palese un sound già affermato ed inflazionato da Nightwish e compagnia bella, dall’altra abbiamo una band che ha acquisito molto bene la lezione impartita dai Nightwish stessi, riprendendola però in modo personale ed aggiungendoci quel tocco di dinamismo e quel graffio in più che spesso manca nelle releases del combo finlandese, confermando di essere una band dal grande potenziale. In “Neverworld’s End” questo potenziale non viene sfruttato ai massimi livelli. Infatti, nonostante alcune song siano davvero meritevoli in tal senso, dall’altra lo stampo dei maestri del symphonic è forse troppo marcato, portando ad una pecca non indifferente di impersonalità. Nulla da dire sugli arrangiamenti d’orchestra e coro (stupendi e profondi), sull’ottima prestazione lirica della new entry Manuela Kraller, senza dimenticare le aggressive chitarre di Marco Heubaum e Philip Restemeier, ma tutto ciò non ha fruttato a dovere, a causa di un songwriting spesso stanco e statico. Menzione per la sezione ritmica di Nils Middelhauve (basso) e Gerit Lamm (batteria), in grado di spaziare adeguatamente con la fantasia, cosa non comune in un gruppo sympho-metal. Nonostante tutto, il disco è un piacevole e melodico sottofondo anche se probabilmente non si farà riascoltare più di 3 o 4 volte. Curatissima la produzione e anche l’artwork, anche se i suoi colori ed immagini di copertina, nemmeno a farlo apposta, ci fanno balzare alla mente di striscio proprio i tanto citati Nightwish…ma questa è solo una sottigliezza, dettata dall’ascolto di un disco molto influenzato da loro; un disco di una band che in futuro, se giocherà meglio le sue carte, potrà portare ad enormi soddisfazioni anche nell’inflazionata scena sinfonica. Attendiamo. 


Tracklist:

01. A Prophecy Of Worlds To Fall
02. Valentine
03. Forevermore
04. Euphoria
05. Blood On My Hands
06. Soulcrusher
07. The Dream Is Still Alive
08. The Lost Elysion
09. Call Of The Wind
10. A Thousand Letters
11. Cursed
12. The Nomad’s Crown


Voto: 6,5/10

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