venerdì 16 marzo 2012

RAGE - 21

21
Etichetta: Nuclear Blast
Data di uscita: 24 Febbraio 2012
Genere: Thrash/Power Metal

Introduzione:

Con ben 20 album alle spalle, tornano i teutonici Rage, una delle più rispettate realtà nel mondo del metal melodico. Lo fanno con il loro ventunesimo album in quasi trent’anni di carriera, intitolato semplicemente “21”; ma dietro questo misterioso numero non si cela solo l’invidiabile quantità di ottime releases partorite dal gruppo, ma anche il riferimento al famoso gioco del “Ventuno” o “Blackjack”, come ravvisabile anche in copertina o leggendo il testo della title-track. Al di là di questo gioco a cui i Rage ci hanno sottoposti, “21” è la nuova granitica testimonianza di come il mitico trio sia in grado di proporre dell’ottimo metal sempre accattivante e mai banale, ricco di curiose sfaccettature varianti dal power sinfonico al thrash più incattivito. Dopo il buonissimo “Strings To a Web” del 2010, Peavy e soci tornano sul mercato con un disco decisamente valido e ancora una volta pregno di buona musica, ma, per questa uscita, i ragazzi alzano il tiro: viene abbandonato ogni tipo di sontuosità sinfonica e le parti melodiche sono controbilanciate saggiamente con una tendenza decisamente thrash metal, verso cui l’album verte con maggiore propensione. In altre parole, “21” è un disco più cattivo, con meno aperture power rispetto al precedente lavoro, con più potenza nelle strutture, ma sempre con gran gusto, classe e maturità, senza dimenticare la melodia. E’ un mistero come il trio abbia saputo sfornare delle releases con così poco tempo di distanza tra un disco e l’altro nella loro lunga carriera, mantenendo sempre un certo livello di costanza qualitativa (i cali d’ispirazione sono effettivamente pochi): non ci è dato sapere. Sappiamo solamente che, anche questa volta, hanno fatto decisamente centro con un album che non è un capolavoro, ma è sicuramente all’altezza del nome Rage. Non c’è da stupirsi se gruppi come loro o i Blind Guardian siano amati e rispettati, in ogni parte del globo.  


Track by Track:

Atmosfera oscura, voci, rumori di sottofondo: “House Wins” è il perfetto intro dell’album, che ci trasporta in uno scenario da gioco d’azzardo, in compagnia di un giocatore intento a perdere i propri risparmi al gioco del black-jack. La lieve melodia ci introduce alla poderosa title-track “Twenty One”, dove si intuisce sin dai primi riff quale potrà essere il tiro dell’album: le sfuriate di chitarra e di batteria sembrano quasi uscite dalla penna dei Testament più recenti, compreso il roco ed incazzato timbro vocale del singer-leader Peavy. I riff si susseguono con una pesantezza esaltante, intervallati da un ritornello melodico tutt’altro che banale, giocato su una linea melodica drammatica e dal tocco lievemente malinconico. Stupendo l’intricato assolo ad opera di un Victor Smolski sugli scudi, capace di riportare alla mente certi sfarzi virtuosistici del noto John Petrucci. Quest’ottimo brano potrà essere apprezzato nelle sue varie sfumature con più di un solo ascolto. Victor è la star assoluta della seguente “Forever Dead”, probabilmente il pezzo migliore di tutto l’album. La chitarra sfuria in fraseggi velocissimi, per poi traboccare in una strofa puramente thrash-groove metal, accompagnata da un bridge più hard rock-oriented e da un refrain perfetto ed accattivante nella sua memorizzabile melodia. Compaiono qua e là i growls di un ottimo Peavy, a sottolineare una decisa aggressività che pervade tutto il disco. Un altro stupendo assolo di Victor suggella un brano potentissimo, estremamente dinamico e variegato. “Feel My Pain” è introdotta da quello che sembrerebbe essere un inconsueto mix di chitarre pulite, tastiere e basso. Dopo questo dinamico ed originale incipit, il brano si staglia su riff più indirizzati verso un power-heavy metal di ottima fattura, incasellati in una ritmica marziale e ficcante. Rappresenta, probabilmente, uno degli episodi più melodici ed immediati, ma si fa apprezzare senza remore, risultando un altro dei brani più riusciti dell’intero lavoro. Bellissimo l’intermezzo prima del solito assolo memorabile, che vede protagonista il drummer André, con una ricercata ritmica di batteria dalle sfumature prog-metal. La testimonianza dei Rage più incazzati si intitola “Serial Killer”, dove sorprendentemente Peavy si impossessa del microfono con linee vocali in growl per tutta la strofa, sotto un tappeto di thrash metal pesantissimo e feroce. Tutto ciò si risvolta poi in un bridge e in un refrain molto più melodici e meno furiosi, ma ugualmente pungenti. Solita menzione per l’ottimo lavoro chitarristico del guitar-hero Victor e per degli arrangiamenti realmente in grado di catalizzare l’ascoltatore. Un riffone heavy-southern in perfetto stile Zakk Wylde apre un altro azzeccato brano, tale “Psycho Terror”, dotato di ritmiche lente e sincopate nella strofa e di un bridge accattivante quanto basta per introdurre il buon refrain, melodico e roccioso. L’effettistica di Victor si fa sentire nell’assolo centrale (sicuramente valido, anche se leggermente sotto tono rispetto alle tracce precedenti) e nell’accelerazione sul lungo finale. Il brano in questione non è trascendentale in termini di originalità, ma è sicuramente dotato del giusto tiro in mezzo ad una già corposa tracklist. I ritmi si riaccendono con una favolosa speed-track intitolata “Destiny”: partenza al fulmicotone con un riff su ritmiche thrash-core, per un’apertura davvero esaltante. Con un saggio rallentamento, la song si tramuta in un lento e melodico chorus, ben arrangiato,  dall’impatto garantito e memorizzabile sin dal primo ascolto. Esaltanti sono anche i momenti musicali partoriti nella parte mediana, per un altro brano meritevole di lode. Se fin qui i nostri hanno dato prova di un’invidiabile capacità nel songrwriting, anche la seguente “Death Romantic” non è da meno, ma tende a rallentare un po’ la presa in un refrain meno esaltante rispetto ai precedenti, forse meno immediato e più sperimentale nell’arrangiamento, con le sue strane dissonanze. Nonostante ciò, i singoli riff godono di un ottimo impatto e di un’incalzante adrenalina metallica. “Black And White” mette in risalto le ottime doti del drummer André fin dai giri iniziali. Si tratta di un brano originale nella sua struttura, giocato sulla sperimentazione negli arrangiamenti, dove spiccano alcune chitarre pulite nella strofa, una furiosa e melodica cattiveria del bridge, fino ad un bel ritornello, gradevole ed armonioso. A mio parere, è un brano indubbiamente valido, ma un gradino sotto ai precedenti e più convincenti episodi. Torna il thrash-power marchiato Rage con la superba “Concrete Wall”, a tutti gli effetti il brano più thrash metal di tutto l’album, dove anche il ritornello non gode della solita parentesi melodica ma si presta a dei riff serrati e potentissimi, supportati dalla spettacolare ed aggressiva prova canora di Peavy. Davvero notevole l’intermezzo strumentale, come al solito con mr. Smolski a fare da grande protagonista su uno strato di variegate linee di basso di Peavy. Un riff lento e roccioso introduce “Eternally”: nel giro di venti secondi tutto cambia e ci accorgiamo di come quell’introduzione, così metallica, sia solo un orpello per aprire le porte ad una convincente semi-ballad dai toni ariosi e corali. La struggente strofa si staglia su ritmiche lente e su clean-guitars evocative e ben arrangiate, fino ad esplodere in un ritornello originale e convincente, dopo vari ascolti. Dopo un immancabile assolo, breve, ma molto sentito e corposo, un ultimo refrain ci porta alla conclusione di un disco decisamente efficace e meritevole di ascolto.    

Considerazioni Conclusive:

Nulla da dire, ancora una volta i Rage hanno saputo sfornare un album di ottima fattura e di musica davvero buona, priva di grossi cali e sempre pronta ad attizzare l’orecchio dell’ascoltatore. “21” è un album da avere, consigliato per chiunque voglia ascoltare del metal di qualità sopra le righe e da possedere obbligatoriamente per i fan della band. Potente fin dalla produzione stellare e dalla vivida immagine di copertina, il suo telaio di thrash metal imbastito su venature power dona, senza dubbio, un taglio aggressivo alla proposta della band, ma non viene mai meno quel gusto melodico e quella saggezza negli arrangiamenti che tanti punti fanno guadagnare al trio tedesco. Peter “Peavy” Wagner ruggisce dietro al microfono con una delle voci più personali e riconoscibili all’interno della scena power metal europea: il suo timbro roco sfocia spesso nelle growl vocals, pur  mantenendo comunque una forte vena melodica ed interpretativa, donando corposità ed anima a tutti i pezzi. Buone le sue capacità al basso e notevoli le sue capacità di songwriter, che fanno il paio con il virtuosismo sfrenato del vero protagonista del disco, ovvero Victor Smolski, un chitarrista dalla tecnica e dal gusto eccellenti. Le invidiabili capacità del guitar-hero, di origine bielorussa, lo portano a sfoderare l’ascia in riff potenti e in assoli veloci e precisi nella loro complessa esecuzione, molto variegati ed interessanti nel loro approccio “moderno” e “progressivo”, fatto di suoni ed effetti molto particolari. Cosa dire invece di André Hilgers, un batterista capace di non far rimpiangere il mastodontico e arcinoto Mike Terrana (nei Rage dal 1999 al 2006). Hilgers è dotato di gran classe e tecnica, con un gusto acceso nel saper trovare quel giro perfetto per far esaltare la batteria oltre il semplice ruolo di metronomo. Con un trio così, è difficile non rimanere piacevolmente stupiti di fronte a questo piccolo nuovo capolavoro. Anche questa volta dobbiamo riconoscere che i Rage sono una garanzia.    


Tracklist:

01. House Wins
02. Twenty One
03. Forever Dead
04. Feel My Pain
05. Serial Killer
06. Psycho Terror
07. Destiny
08. Death Romantic
09. Black And White
10. Concrete Wall
11. Eternally


Voto: 8,5/10

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