domenica 8 aprile 2012

EPICA - Requiem For The Indifferent


REQUIEM FOR THE INDIFFERENT

Etichetta: Nuclear Blast
Data di uscita: 9 Marzo 2012
Genere: Symphonic Metal

Introduzione:

Oggi l’umanità vive un momento di forte crisi dei valori fondamentali per la vita e la convivenza, una sorta di apocalisse che, in modo strisciante, silenzioso, ma altrettanto feroce si propaga per i quattro angoli della Terra. In tutto questo, una forte colpa ricade sull’incedere implacabile della moderna tecnologia, responsabile di una “progressione regressiva” che porta, inevitabilmente, alla privazione dell’identità dell’uomo ed ad un silenzioso e cupo allontanamento dalla natura: è un po’ in questo contesto lirico che nasce “Requiem For The Indifferent”, quinto capitolo in studio degli olandesi Epica, famosissima band che negli anni ha visto crescere in maniera esponenziale il proprio pubblico, sempre più affascinato dalle tendenze estreme del loro sound e (ovviamente) dalla suadente bellezza della singer rosso crinita Simone Simons. Il percorso intrapreso dal nuovo album prosegue quanto già è stato fatto dalla band nelle ultime due releases “The Divine Conspiracy” (2007) e l’ultimo “Design Your Universe” (2009), due lavori obiettivamente qualitativi che toccavano un metal sinfonico, maestoso ed epico, arricchito da un tappeto di death metal sempre più tecnico e dalle strutture complesse, allontanandosi sempre più dalle prime rimembranze gothic. RFTI non è da meno e presenta, in linea di massima, lo stesso orientamento stilistico. Nonostante ciò, il mio parere personale è che questa volta le cose siano state fatte in maniera meno egregia del solito: soprattutto a livello di songwriting, infatti, il nuovo album spesso non riesce a colpire nel segno, a causa di strutture sempre più complesse ed articolate ma allo stesso tempo anche più forzate e meno istintive, facendo smarrire l’impatto necessario. Anche dopo numerosi ascolti (senza contare che 74 minuti sono davvero tanti) si riesce a scovare poco di davvero notevole e stupefacente all’interno dell’album in questione. I fan degli Epica non avranno problemi a farsi piacere questo RFTI, perché gli elementi tipici del loro (recente) sound ci sono tutti: maestosità, growls, la voce angelica della Simons, le parti orchestrali, le ritmiche death, e c’è anche da dire che gli arrangiamenti sono curati con una maestria notevole, maturata in anni di esperienza su palchi e studio. Ma ciò non basta, perché è soprattutto la composizione a peccare; non è un album da dimenticare, anzi, è frutto di un lungo lavoro creativo, ma molte partiture, sforzandosi di essere esplosive e geniali nella loro complessità, spesso risultano invece prive di miccia e non detonano come ci si aspetterebbe.   


Track by Track:

Come da copione, una classica introduzione apre un lavoro degli Epica, ed ecco arrivare l’incalzante “Karma”, un delicato affresco sinfonico-cinematografico, molto godibile tra cori e strings, nonostante la sua brevità. L’opener vera e propria è “Monopoly On Truth”, uno dei migliori brani di quest’album. Sette minuti di riff convincenti tra sprazzi più death-oriented supportati dall’abbondante presenza del growl di Mark e sprazzi più melodici con Simone protagonista. Purtroppo, già da ora, la prestazione della rossa singer non convince appieno, rendendo piuttosto piatte alcune delle parti a lei affidate. Molto suggestiva la parte finale, con assolo di Isaac e ritornello corale in bella vista. “Storm The Sorrow” gode di un incipit oscuro e possente, ma è un pezzo discreto, con strutture stranamente più lineari e in cui la voce di Simone ancora non convince pienamente, in particolar modo nel flebile bridge. Il ritornello è abbastanza gradevole, ma alla lunga il brano tende a stagnare. Nonostante ciò, è decisivo l’intermezzo death nel risollevare le sorti del pezzo. Arriva già il turno di una spettacolare ballad a nome “Delirium”, un altro brano da annoverare tra i migliori del lotto. Una delicatissima introduzione corale-polifonica apre la strada ad un magico pianoforte che va a sostenere con una carezza la voce di Simone, finalmente a suo agio sui pezzi più interpretativi e più melodici. Delicate orchestrazioni, chitarre acustiche, gocce di sussurrata coralità ed un refrain carico di pathos costituiscono gli ingredienti di base di un lento strepitoso e davvero bello, tra i migliori partoriti dagli Epica. “Internal Warfare” torna a pestare duramente tra partiture intricate e ritmiche forsennate, ottimi intrecci chitarristici, un breve break incazzato al punto giusto e indemoniati virtuosismi solistici di chitarra-tastiera. Al di là di queste buone qualità, il brano non convince appieno, a causa di un refrain svuotato della giusta carica. La title-track seguente è introdotta da alcune sonorità orientaleggianti e va subito a mescolare riff e partiture caotiche e di complessa intuizione, tanto che è difficile mantenere l’attenzione adeguatamente. Non mi ha proprio convinto la prestazione di Simone in questa canzone. I punti più emozionanti toccati da “Requiem For The Indifferent” sono l’intermezzo acustico ed il bellissimo refrain, epico ed evocativo, ma, sinceramente, poco o nulla si salva del resto: un calderone di riff ed idee al limite del prog-metal che sembrano messe assieme un po’ alla rinfusa, facendo spesso perdere il filo logico degli otto minuti di brano. Peccato. Dopo un po’ di sgomento, passiamo al successivo semplice intermezzo “Anima”, nulla di più che un lieve e malinconico pianoforte sfiorato da tenui soffi di archi. Carino certamente, ma è difficile percepirne un significato. “Guilty Demeanor” è un brano molto breve, rispetto alla lunghezza dei pezzi presenti nell’album. Nonostante alcuni ottimi riff e la buona componente d’oscurità di cui sembra godere nel marziale incipit, il pezzo si perde in un infinito refrain abbastanza spento e non viene data la giusta carica al brano (il timbro di Simone, ancora una volta, non rende giustizia). La calda introduzione di chitarra classica in “Deep Water Horizon” fa ben sperare in un’altra bella ballad ricca di melodia, ed in effetti le aspettative sono ripagate da un bel lento, dotato di un appagante refrain e di un’ottima prestazione della cantante. A metà brano, tutto si trasforma ed il sound si impregna di epicità e sontuosi arrangiamenti tra cori ed orchestra, anche se questa trasformazione in alcuni momenti non sembra dotata di molta logica, per via di alcuni intrecci poco riusciti tra i vari riff. Resta, ad ogni modo, un brano da menzionare, se non altro per la forte componente melodica. “Stay The Course” è un brano più adatto alle corde cavernose di Mark, dotato di riff più death-oriented in mezzo a melodie sinfonico-orientaleggianti. Il ritornello si adagia su coordinate morbide e poco incisive cantate da Simone, facendo perdere impatto ad un brano che prometterebbe una ben altra botta (il feroce intermezzo symphonic-death parla da solo a tal proposito), pertanto il brano scorre liscissimo ma con poca presa sull’ascoltatore. Veniamo, a questo punto, sorpresi dalla bontà di un ottimo brano come “Deter The Tyrant”, sorretto dalle sue intricate melodie pseudo-folk di chitarra. Il brano azzecca, nel suo incedere, una serie di ottimi riff, questa volta perfettamente integrati nel creare un logico tappeto musicale. Molto bello il ritornello, con una Simone Simons finalmente convincente e ficcante come ai tempi d’oro. Assume anche un alto valore il delicato intermezzo acustico prima delle successive e tormentate sfuriate metalliche, tra growls e lodevoli solos. Finalmente un brano da cui rimanere piacevolmente colpiti ed all’altezza del nome Epica. Con la seguente “Avalanche” ci si addentra in atmosfere gothic dolci ed evocative, con carillon, clean guitars e leggiadre strings. Siamo dinnanzi ad una semi-ballad che alterna momenti più riflessivi alle classiche incursioni sympho-death del growl di Mark. L’incastro tra le varie parti risulta, anche in questo caso, scorrevole, rilasciandoci un’altra complessa composizione degna di nota. Purtroppo, la conclusione dell’album non è dei migliori auspici, dopo due buoni brani: infatti “Serenade Of Self-Destruction” è una lunga suite di 10 minuti che alterna dei momenti estremamente brillanti (sentite tutta la spettacolare parte introduttiva) a delle partiture ripetitive e forzate nel contesto. Inoltre, la song in questione è stata soggetta ad un presunto errore di mixaggio, che ha portato ad escludere molte parti vocali dalla versione definitiva, rendendola di fatto un lungo strumentale. Si potranno indubbiamente apprezzare meglio i sopraffini arrangiamenti strumentali e tutta l’energia impiegata in tal senso dalla band, anche se l’assenza di voci la rende una song di difficile digeribilità in più momenti, vista anche la sua considerevole lunghezza.
   

Considerazioni Conclusive:

Tirando le somme, “Requiem For The Indifferent” è un lavoro poliedrico e dalla diverse sfaccettature, alle quali però non viene resa giustizia a causa di un songwriting troppo ricercato ed incapace di stupire in molte occasioni. Certamente non è il caso di fare di tutta l’erba un fascio, poiché dietro alle quinte risiede una cura del dettaglio lodevole, che porta a scoprire arrangiamenti sinfonici eleganti e prestazioni strumentali maiuscole ed indiscutibili. Le stesse asce del leader Mark Jansen e dell’ultimo arrivato Isaac Delahaye intessono ritmiche e costruzioni chitarristiche mai banali e tutt’altro che scontate. Mark si occupa, come sempre, delle chitarre ritmiche e del cavernoso canto growl, in continuo miglioramento (l’esperienza con i suoi sympho-deathsters Mayan deve aver dato i suoi frutti), mentre Isaac, già da “Design Your Universe”, aggiunge al sound degli Epica strepitosi assoli che mostrano una tecnica ed una preparazione notevole sullo strumento. Menzione va anche alla coppia ritmica Arien V. Weesenbeek, un batterista essenziale per la band, preparatissimo e ricco di gusto nei vari passaggi sul proprio strumento, ed il bassista Yves Huts, alla sua ultima prova con la band (ha recentemente abbandonato il gruppo, dopo la registrazione dell’album). Le orchestrazioni campionate sono manovrate dalla sapiente mano di Coen Janssen, tastierista abile e dotato di una buona perizia compositiva, senza dover strafare con troppi assoli fulminei; ed infine, non potevamo non parlare dell’ammaliante Simone Simons, il simbolo degli Epica: peccato che in quest’album la sua prestazione, seppur buona, a mio parere non sia all’altezza dei due dischi precedenti. Sarà che le strutture così complesse richiedono ormai una potenza maggiore anche nel canto, ma in ogni caso Simone presenta della partiture spesso scarne, quasi asciutte, prive di colore, di potenza e di mordente. Insomma, rimane una ragazza stupenda ed una bravissima cantante, ma c’è da dire che il suo lavoro in questo album non dona lo spessore che ci aspetteremmo nei vari brani. La produzione ed i suoni sono miscelati in maniera certosina e professionale e la copertina è notevole, soprattutto per i significati metaforici che si celano sotto di essa: a tal proposito, è anche da ricordare l’impegno profuso nei testi, che vanno a toccare molti argomenti odierni e di attualità. Sono certo che i fan non disdegneranno questo “Requiem For The Indifferent”, ma d’altro canto la lunghezza eccessiva del lavoro, il cantato non sempre convincente  e le idee non sempre brillanti vanno a minare molto il giudizio finale. Devo ammetterlo, personalmente mi aspettavo qualcosa di più da una grande realtà come gli Epica.


Tracklist:

01. Karma
02. Monopoly On Truth
03. Storm The Sorrow
04. Delirium
05. Internal Warfare
06. Requiem For The Indifferent
07. Anima
08. Guilty Demeanor
09. Deep Water Horizon
10. Stay The Course
11. Deter The Tyrant
12. Avalanche
13. Serenade Of Self-Destruction


Voto: 6,5/10

1 commento:

  1. Ho amato subito questo lavor molto più che l'ultimo "design your universe" perchè lo trovo sempre sinfonico ma diretto. Meno ridondante e più ficcante. Meno decorazioni(meno pompato) e migliore attenzione al lato compositivo-strutturale. Voto: 9.
    Sky Robertace

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