lunedì 14 novembre 2011

SYMPHONY X - Iconoclast


Aggressività e precisione, sinonimi di “Symphony X”...

Nome Album: Iconoclast
Etichetta: Nuclear Blast
Data di uscita: 17 Giugno 2011
Genere: Progressive Metal

Introduzione:

Una delle band più influenti della scena prog metal mondiale risponde al nome dei grandissimi Symphony X, band attualmente molto popolare tra il pubblico metallaro globale. Infatti dalla loro esplosione musicale nei primi anni novanta, per la band americana è stata tutta una parabola discendente, un percorso fatto di album perfetti, gioielli di progressive metal, ovviamente tecnico, precisissimo e dotato di una inconfondibile nonché fondamentale caratteristica: un sound potente ed accattivante. Insomma, questo prog, ultimamente molto votato ad un graffiante heavy/thash/power, ha fatto la fortuna della macchina chiamata Symphony X, superando in più di un’occasione i ben più noti colleghi Dream Theater, a livello di songwriting (per quanto riguarda l’aspetto esecutivo, forse la band di Petrucci resta al primo posto). Da tutti i fan del quintetto d’oltre oceano, era da tempo atteso il nuovo lavoro, questo Iconoclast: un album che fin da subito ha dovuto fare i conti con un grosso peso, ovvero quello di essere il successore di Paradise Lost (2007), un album pressoché perfetto, amato dai fans e critica, tanto da poter essere considerato, nonostante un appesantimento del suono, uno dei lavori migliori della band (assieme, indubbiamente, a vecchie pietre miliari come The Divine Wings Of Tragedy, gemma del 1997). Giusto per giocare a carte scoperte, diciamo subito che Iconoclast, non è Paradise Lost. E’ un album certamente ottimo, ancora una volta ricco di dettagli e giochi strumentali da brivido, ma incapace di raggiungere l’apice musicale ed emotivo del suo acclamato predecessore. Poco importa comunque, perché la qualità è veramente alta, ed i nostri dimostrano come sempre di essere in grado di unire le influenze più progressive con i titanici groove/thrash riffs chitarristici ad opera del guitar-hero Michael Romeo, e i risultati sono spesso sbalorditivi. L’unico neo di questo lavoro è forse rappresentato da un’eccessiva prolissità dei brani: canzoni così colme e dal suono così pesante ed elaborato, tendono forse a deconcentrare l’orecchio dell’ascoltatore, una volta giunto ad un certo punto della tracklist. E’ per questo motivo che, come si può immaginare, Iconoclast richiede più ascolti, oppure un ascolto a piccole dosi, per essere apprezzato fino in fondo in tutta la sua complessità artistica. Nonostante qualche brano non sia eccellente, si tratta di un altro indubbio centro per i Symphony X, non lasciatevelo scappare…


Track By Track:

Il nuovo lavoro degli X inizia subito alla grande con un’ottima title-track. “Iconoclast” è un lungo brano che si aggira sui 10 minuti di durata, introdotto da virulenti giochi virtuosistici in grado, fin da subito, di trasportarci nell’estro musicale propostoci dal gruppo, attraverso sfarzosi capogiri in pieno stile progressive metal, partiture più operistiche ed evocative e melodici refrains. “Iconoclast” è il brano simbolo dei Symphony X del 2011, ricco di sfumature da scoprire adeguatamente. Superba la parte centrale, con progressioni accompagnate da interventi coral-sinfonici ed assoli di chitarra e tastiera. Il viaggio ha avuto inizio! L’album ritaglia lo spazio per un’altra ottima song, “The End Of Innocence”, dotata di riff di stampo thrash, dal tiro metallico assicurato, e di un bellissimo solo di chitarra. Torna la melodia con il bel ritornello, dove gustiamo la buona prova di Russen Allen dietro al microfono, sempre in bilico tra canto melodico e timbro più sporco (mai growl propriamente detto). Forse la song più orecchiabile e di più facile assimilazione di tutto l’album. Altri ritmi groove-thrash sincopati caratterizzano la seguente “Dehumanized”, una buona song, aggressiva quanto basta, ma non eccezionale nelle scelte melodiche. Restano sempre ottime le prove dei singoli musicisti, ma manca quel qualcosa in grado di catturare doverosamente l’attenzione dell’ascoltatore. Va già molto meglio con la seguente “Bastards Of The Machine”, il brano più corto di Iconoclast (sfiora i 5minuti), dove, finalmente, i nostri posano un piede più pesante sull’acceleratore, regalandoci un buon brano nel pieno stile dei Symphony X più recenti, veloce e dotato di un gran tiro, grazie agli onnipresenti ritmi groove e saltellanti che caratterizzano il loro sound. Eccezionale l’accelerazione sull’assolo di chitarra ed il seguente duetto chitarra-tastiera. Un brano che riesce a farsi sentire e ad essere ricordato per la sua carica ed immediatezza. “Heretic” si apre con alcuni ottimi riff di chitarra, alternando una veloce strofa con un melodico bridge che sfocia in un refrain che, come “Dehumanized” punta maggiormente all’aggressività dei riff piuttosto che a soluzioni melodiche ricercate. Abbiamo così tra le mani un brano thrasheggiante e cupo, dove è la chitarra di Romeo a far da padrone a suon di riff pesanti e solos, fulminanti per precisione e velocità d’esecuzione. E’ il momento di un altro buon brano di Iconoclast, ovvero “Children Of A Faceless God”: i ritmi si fanno più lenti, accompagnando riffs alla Pantera, carichi di groove. Da una strofa dotata di toni grigi e cupi, il brano tocca il suo punto di forza con il ritornello, lento, melodico e malinconico. Le accelerazioni a metà brano, con un ennesimo superbo assolo ad opera di Romeo, sono perfette per non disperdere troppo l’attenzione del nostro padiglione auricolare. Il seguito è affidato ad un attacco di metallo a profusione chiamato “Electric Messiah”, brano che, in maniera assolutamente vincente, torna a velocizzare i ritmi, eccezion fatta per il bellissimo refrain, ancora una volta rallentato e più melodico rispetto al resto del brano. I vari riff, come sempre molto thrash-oriented, potenti e graffianti, godono di maggiore freschezza rispetto ad alcuni precedenti episodi dell’album, mentre i solos di chitarra e tastiera risultano forse meno ispirati di altri, ma, sia chiaro, sempre di indubbio valore virtuosistico. La penultima “Prometheus (I Am Alive)”, fin dall’incipit, dotato di tempi dispari e sincopi, sembrerebbe tirar fuori l’anima più progressiva dei Symphony, ed in effetti, nonostante alcune sfuriate più tipicamente metalliche (tra cui una strofa piuttosto monotona), il resto delle soluzioni adottate ha un mood maggiormente ricercato e più progressivo. Tutto questo, tuttavia, fa scemare l’attenzione, poiché il brano non riesce a decollare come dovrebbe (dopo sette canzoni altrettanto pretenziose è anche comprensibile), risultando, a mio avviso, l’episodio meno riuscito di Iconoclast. Il finale è tutto dedicato al brano più bello e più riuscito dell’album, la semi-ballad “When All Is Lost”: pianoforte, archi e voce introducono un vero gioiello di musica che si propaga per 9 minuti di durata, senza stancare neanche un secondo. Bellissimo ed emozionante il refrain, come da sempre i Symphony ci hanno abituato, in linea con ballad-capolavori come “Accolade II” (su The Odissey) o l’immensa “Paradise Lost” (sull’album omonimo). Azzeccatissima e toccante l’incursione di prog-rock a metà brano, con tanto di hammond e chitarre acustiche a seguito che creano, assieme agli archi, una calda atmosfera. Menzione d’onore per come la band ha saputo unire sapientemente partiture accelerate e metalliche con altre più lente e malinconiche. La voce di Russen conclude delicatamente questo superbo brano ed un album sicuramente valido e meritevole.


Considerazioni Tecniche e Conclusive:

Ed anche per i Symphony mi ritrovo a dover riempire, quasi inutilmente, questo piccolo spazio dedicato all’aspetto tecnico delle composizioni. Dico inutile poiché, anche per il quintetto americano, la tecnica esecutiva è sempre stata una componente fondamentale, ma mai fine a sé stessa. L’aspetto tecnico è al servizio di una musica che affonda le radici nel sound classico, fondendo sapientemente il power con sempre più numerose incursioni thrasheggianti e sempre meno orientate al versante neoclassico. In altre parole, gli X hanno abbondantemente appesantito la proposta, senza mai mancare di carica e d’inventiva. Iconoclast è qui per dimostrarlo. Non sprecherò parole per descrivere le capacità dei singoli musicisti, innegabilmente di indubbio spessore artistico. Cito solo il chitarrismo virtuoso ed impeccabile del leader e songwriter Michael Romeo, autentica macchina-sforna riff e funambolico protagonista dell’album, con solos sempre ricercati e mai banali, ed il lavoro vocale del frontman Russen Allen, ormai sempre più orientato, con buoni risultati, verso una dimensione più aggressiva e meno pulita (forse anche in virtù del “nuovo” stile della band), senza peccare in estensione vocale. Le prove di Michael Pinnella alla tastiera e di Michael Lepond e Jason Rullo alla sezione ritmica sono impeccabili e di gran classe. La produzione è potente e cristallina, come è lecito aspettarsi, ed una immagine di cover certamente significativa per i testi (uomini e macchine, giusto per sintetizzare), ma non eccelsa, corona il tutto. Questi ingredienti convergono tutti in un album naturalmente complesso, tecnico e metallico, ma, pur restando su alti livelli, anche un po’ meno incisivo ed attraente rispetto al passato. Poco importa comunque, perché i Symphony X del 2011 sono una band che mantiene ancora alta la propria bandiera, senza deludere le aspettative. O almeno non tutte.


Tracklist:

01. Iconoclast
02. The End Of Innocence
03. Dehumanized
04. Bastards Of The Machine
05. Heretic
06. Children Of A Faceless God
07. Electric Messiah
08. Prometheus (I Am Alive)
09. When All Is Lost


Voto: 8/10

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