lunedì 24 ottobre 2011

MALEVOLENTIA - Ex Oblivion


Nere sinfonie d’oltralpe…

Nome Album: Ex Oblivion
Etichetta: Epictural Production
Data di uscita: 30 Marzo 2011
Genere: Symphonic Black Metal

Introduzione:

Anche in Francia sanno fare black metal. E’ proprio il caso dei Malevolentia, promettente band d’oltralpe nata nel 2003 ed autrice di due album, il discreto esordio Contes et Nouvelles Macabres (datato 2005) e questo nuovo Ex Oblivion, parto più maturo e frutto di una sapiente tecnica e composizione maturata dal quintetto durante gli ultimi anni. No, non avete capito male leggendo i titoli: la peculiarità di questa band è proprio la ferrea volontà di voler usare la lingua madre nelle loro composizioni. Avreste mai detto che una lingua così morbida come il francese, potesse adattarsi ad un genere spietato ed estremo come il black metal sinfonico? I Malevolentia sono la risposta alle vostre diffidenze. Come se non bastasse, alla voce godono della maligna presenza di Spleen, una ragazza dalle scream vocals evocative e strazianti (nel senso buono del termine), aggiungendo quel qualcosa in più alla proposta del combo. Al di là di queste interessantissime novità, inconsuete per un gruppo black, la musica dei Malevolentia (non abbiatemene a male per l’abusato paragone in questo campo) è fortemente influenzata dai maestri del genere, i norvegesi Dimmu Borgir, nonché da altre band di rilievo come Dragonlord e (molto in lontananza) i britannici Cradle Of Filth. Pertanto, anche alla luce della difficoltà d’evoluzione di un genere molto stretto ed inquadrato come il sympho-black, anche la band francese soffre di una palpabile mancanza d’inventiva, salvo proporci brani estremamente coinvolgenti e dotati comunque di una già apprezzabilissima maggior originalità generale rispetto ad altre band musicalmente affini. Quindi, bisogna partire ad ascoltare i Malevolentia partendo proprio da questo presupposto, senza impallarsi di fronte ad un riff sentenziando la sua estrema somiglianza con i più blasonati Dimmu o compagnia. Le somiglianze ci sono e sono palesi, è vero, ma se voi, amanti delle sinfonie oscure e solenni del sympho-black, siete rimasti delusi dalle recenti altalenanti uscite dei succitati Dimmu Borgir, fate un favore a voi stessi: staccatevi dal filone più conosciuto e “commerciale” del black sinfonico e concedete un ascolto a questi meritevoli ragazzi francesi. Non rimarrete delusi nel constatare quanta veemenza riescono a sprigionare, così come comprenderete quanto esistano, come loro, molti talenti spesso sconosciuti al grande pubblico, ma dannatamente validi, a volte anche molto più di tanti più blasonati act del settore.


Track By Track:

La seconda creatura dei francesi si apre con un’introduzione, breve e sinfonica, come di consueto si usa fare nella maggioranza delle releases di black metal sinfonico. “Ex Libris Oblivionis” ha quindi il dovere di aprire l’opera nella maniera più classica possibile, attraverso un minuto di inquietanti sinfonie e cori che ricordano ben presto i maestri Dimmu Borgir più recenti e sinfonici. Già con l’opener “Serpent De La Corde”, i Malevolentia ci sbattono in faccia un tremendo riff che ben delinea lo stile e le caratteristiche del loro sound. Un uso imponente (ma sapiente) del blast-beat, melodie di stampo horror, volte a definire un lugubre senso di inquietudine nell’ascoltatore, partiture sinfoniche, mai troppo invadenti, a servizio di riff assassini nel classico stile black metal. Questi saranno gli ingredienti di base che ritroveremo in questo Ex Oblivion, tra cui spicca la voce della singer Spleen, tagliente e sofferta come poche. Infatti, anche con la seguente “Martyrs”, dopo una breve introduzione corale, veniamo letteralmente travolti da una furia di metallo nero, con tempi velocissimi ed un alto tasso di garantita angoscia musicale. Bellissimi gli interventi corali in varie parti del brano, a sottolineare l’atmosfera cupa già creata dagli altri strumenti. Non concedono un solo secondo di respiro, fino al break di pianoforte che ci conduce alla conclusione dei 6 minuti di questo lungo e spietato brano. L’ombra dei Dimmu torna prepotentemente con la seguente “A L’Est D’Eden”, brano dotato di buonissime melodie, anche se, inevitabilmente, non troppo originali. Stesso discorso per il bellissimo stacco sinfonico centrale: atmosferico e perfetto nel contesto, ma già abusato e stra-abusato da miliardi di gruppi sulla Terra. Come impone lo stile, giunge anche per Ex Oblivion l’ora dell’intermezzo sinfonico: arrangiamenti orchestrali ben fatti, con perizia e classe, si sfogano in due minuti di epiche sinfonie cinematografiche, battagliere ed inquietanti, degne di film a tematica storica o fantasy (Il Signore degli Anelli, giusto per farne un esempio). Tutto questo prende il nome di “Dies Irae”. Un arpeggio distorto apre il capitolo seguente, intitolato “Dagon”. Le coordinate stilistiche sono le medesime dei brani precedenti, ma si intravede qui una maggiore personalità nel saper creare un senso di angoscia disarmante, attraverso voci sofferte e disperate e attraverso alcune plumbee melodie. Azzeccato lo stacco thrash, localizzato più o meno a metà brano, così come i mai invasivi arrangiamenti orchestrali. Una song riuscita e leggermente differente dal resto del lavoro. Dei possenti brass d’orchestra aprono “Nyarlathotep”, per poi sfociare negli ordinari riff classicamente black metal, costruiti su tempi fulminei, chitarre veloci e batteria al fulmicotone. In mezzo a tanta cattiveria, c’è sempre uno spazio per la melodia, come dimostrano i vari stacchi melodici lungo il brano. Canzone nella media stilistica dell’album. La title-track “Ex Oblivion” apre le danze con lugubri suoni di pianoforte, melodie oscure e maledette e voci demoniache, narranti di incubi e immaginari orrorifici e “lovecraftiani” (nel testo si fa riferimento a Chtulu), con un apparente rallentamento dei tempi d’esecuzione, salvo poi riprendere velocità e brutalità nel corso del brano. Abbiamo tra le mani una song riuscitissima ed originale, grazie anche ad alcuni inserti più thrash-oriented. Ancora aperture dinamiche ed ultraveloci con la penultima “La Nonnet Et L’Incube”, song da annoverare tra le più riuscite dell’album, assieme a “Martyrs” e la title-track. Non fraintendetemi, lo stile e le cadenze sono identiche a quelle dei brani precedenti, e, da questo punto di vista, abbiamo ormai capito che chiedere ai Malevolentia di scrivere qualcosa di innovativo è una richiesta, giustamente, troppo esosa. Tuttavia alcuni riff più ricercati e ragionati lasciano spazio ad una maggiore attenzione da parte dell’ascoltatore, per non parlare dello stupendo crescendo finale, in cui la nostra Spleen si diletta in alcuni lamenti di piacere/sofferenza, mentre le chitarre e la batteria si rincorrono in un vortice sonoro senza via di fuga. Brano oppressivo ed angosciante all’inverosimile. Arriviamo al finale con “La Geste Du Corbeau”, introdotto da un carillon e da soffusi cori. Il brano per quanto piacevole, scorre lungo partiture già sfruttate nelle tracce precedenti, nonostante la presenza di un assolo di chitarra ben fatto (ne avessero aggiunto qualcuno in più, sicuramente non avrebbe guastato all’economia dell’intero lavoro) e di alcune interessanti parti di basso sotto un imponente e claustrofobico blast-beat. Magniloquente e ben costruita anche la bella coda sinfonica, che sfuma nel vuoto della disperazione: un sentimento cantato con frenesia e sofferenza in questo bellissimo e promettente album dei Malevolentia.


Considerazioni Tecniche e Conclusive:

Indubbiamente questi Malevolentia rappresentano una bella scoperta ed una nuova realtà da tenere d’occhio nel panorama black. Abbiamo già più volte sottolineato gli inevitabili, quanto scontati, paragoni con la band norvegese di Shagrat, ed indubbiamente l’intero platter ne risente molto, essendo dotato delle classiche caratteristiche sonore del black sinfonico, genere diventato grande e diffuso presso il grande pubblico metal proprio grazie alle opere dei Dimmu Borgir. Tuttavia i 5 francesi, nel marasma incontenibile di quelle che sono le miliardi di band-fotocopia dei Dimmu, riescono nell’intento di donare maggiore spessore e personalità alla propria proposta (o almeno nelle sensazioni). Partiamo dalla “dolce” presenza di Spleen, una singer dallo scream nitido ma non troppo acuto, spesso volto all’interpretazione disperata e decadente più che all’estensione. Una frontwoman davvero notevole ed impressionante per come riesca a donare quel qualcosa in più di personale a dei brani altrimenti più stantii. Le due asce Arbaal e Apathy sciorinano riff veloci e precisi, forse inevitabilmente poco personali, ma comunque necessari per la resa dell’isterismo black. La sezione ritmica si muove con velocità e perizia tecnica, con un martellante Thyr alla batteria, che imbastisce soprattutto fulminei blast-beats e “tu-pa tu-pa” d’ordinanza, senza variare troppo nell’inventiva, ma di sicuro convincente in termini di perfezione esecutiva. Il basso di Tzeensh è presente seppur poco dinamico, spiccando in rare occasioni all’interno dell’album. La produzione non eccelle in pomposità, ma risulta comunque nitida, enfatizzando maggiormente il suono delle chitarre. Infine, esemplari ed ottimamente arrangiate risultano le orchestrazioni, in grado di sottolineare cupe atmosfere che fanno sostegno a testi devoti, soprattutto, ad un immaginario horror e d’incubi notturni. A testimonianza di ciò, basta guardare l’immagine di copertina. Immagine che, a parer mio, poteva essere curata maggiormente, ma questo poco importa poiché dinnanzi abbiamo un lavoro spesso scontato o ripetitivo nelle strutture musicali, ma dannatamente riuscito nell’intento di essere oscuro ed angosciante fino al midollo. Consigliato.


Tracklist:

01. Ex Libris Oblivionis
02. Serment De La Corde
03. Martyrs
04. A L’Est D’Eden
05. Dies Irae
06. Dagon
07. Nyarlathotep
08. Ex Oblivion
09. La Nonnet et L’Incube
10. La Geste Du Corbeau


Voto: 8/10

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