martedì 18 ottobre 2011

HAMMERFALL - Infected


Quando il martello perde la mira…

Nome Album: Infected
Etichetta: Nuclear Blast
Data di uscita: 20 Maggio 2011
Genere: Heavy Power Metal

Introduzione:

Signore e signori, diamo il benvenuto all’atteso ritorno di una delle band più importanti nel panorama heavy moderno, gli Hammerfall! A distanza di due anni da No Sacrifice No Victory, gli svedesi di Goteborg tornano con un album di classico heavy metal, ottimamente prodotto e ottimamente suonato. La copertina e l’annesso titolo avevano destato, prima dell’uscita del full-lenght, una certa curiosità circa il possibile cambio di rotta che la band avrebbe potuto assumere. Insomma, vedere, dal 1997 ad oggi, sempre il nostro caro templare-martellatore sulle loro copertine ed improvvisamente ritrovarsi una mano insanguinata stile Resident Evil o altri videogame survival horror, certamente qualche sospetto lo ha destato. Ad ascolto effettuato però, possiamo dire che, nonostante ovvie variazioni dal punto di vista lirico (meno fantasy e più sociale nelle tematiche), la pasta rimane la stessa: le stesse strutture e gli stessi arrangiamenti del passato vengono infatti ripresi ancora una volta, stroncando sul nascere la possibilità di avere tra le mani degli Hammerfall finalmente diversi e cambiati. E’ storia risaputa ormai, come gli Hammerfall siano sempre stati (troppo) coerenti con se stessi durante la loro carriera, portandoli spesso ad inequivocabili autocitazioni, attraverso riff di puro stampo heavy-power metal e strutture che definire classiche è un eufemismo. Insomma, quello che rappresentano i Manowar nel continente americano, lo fanno gli Hammerfall in Europa (proclami sul “true heavy metal” a parte). Tant’è che anche questo nuovo Infected, musicalmente, viaggia sulle stesse coordinate stilistiche delle uscite precedenti. Non staremo certo a soffermarci su questo, poiché, se la musica è ben fatta ed esaltante, per quanto ripetitiva possa essere, è pur sempre innegabilmente degna di nota (lo testimoniano alcuni loro vecchi album, tra cui l’esordio Glory To The Brave o Legacy of Kings). Se i due album precedenti, in fin dei conti, sono risultati essere due platter discreti e nella media compositiva del gruppo svedese, il problema qui è che molte delle 11 canzoni del nuovo album, purtroppo, non riescono a centrare l’obiettivo, risultando spesso dispersive e deconcentranti. Che le idee stiano seriamente iniziando a scarseggiare? Non lo sappiamo. Sappiamo solo che, a prescindere da questo, ci sarà qualcuno che troverà questo Infected come un nuovo capolavoro tra i tanti della band. Obiettivamente parlando, mi permetto di discostarmi da questa fazione di persone, perché se è vero che qualche riff e qualche song sono degne del passato marcato Hammerfall, altre certamente sfigurano e non rientrano in quest’ultima categoria. Il cambio di tematiche, quindi, non è servito a dissuaderci. Pare proprio che il martello stia perdendo la mira, e ci auguriamo che in futuro possa essere in grado di riprendere il giusto equilibrio.


Track By Track:

Un’introduzione atipica ci catapulta subito in un’atmosfera da videogame horror, con tanto di segnali d’allarme in un ipotetico laboratorio scientifico da cui è appena scappata qualche creatura infettata dal puntuale morbo del morto vivente o via dicendo. Tempo qualche secondo e gli Hammerfall del 2011 ci sbattono in faccia il potente riff di “Patient Zero”, mid-tempo d’apertura di questo nuovo Infected. La partenza merita un plauso, i riff sono intriganti e da indubbio headbanging e la song in questione prosegue su binari sicuri, tra sprazzi più melodici e accelerazioni forse un po’ forzate. Un brano nella media degli ultimi lavori in studio degli svedesi. Le cose iniziano a concretizzarsi con la seguente “Bang Your Head”, eloquente fin dal titolo persuasivo. Un brano più semplice e più diretto, forse per questo più vicino alla classica produzione Hammerfall: tempi veloci, riff in pieno stile heavy metal. Song carina e scorrevole, ma incapace, senza dubbio, di aggiungere alcunché a quanto già sentito negli ultimi 20-30 anni e purtroppo lo scialbo intermezzo semi-acustico non aiuta nell’intento. Stuzzicante, anche se standard, l’assolo centrale di chitarra. Arriviamo al singolo apripista dell’album, correlato ad un video con tanto di zombie che inseguono gli Hammerfall stessi: “One More Time”. I riff di chitarra sono potenti,  abbastanza accattivanti e come tali anche il ritornello non sfigura, ma, purtroppo, l’impressione generale è quella di avere tra le mani un brano incapace di decollare, assemblato in maniera piuttosto scarna e sbrigativa negli arrangiamenti (tra l’altro, era totalmente evitabile l’inutile ed inadeguato intermezzo di pianoforte). Quindi, anche dopo ripetuti ascolti, lo stimolo è sempre quello di skippare una song inconcludente e poco riuscita, nel suo complesso. Molto meglio con la seguente “The Outlaw”, dotata di un ottimo riff e velocità sostenuta. Un’ottima power metal song graffiante e spietata, degna del miglior passato Hammerfall. Azzeccato l’evocativo bridge ed il ritornello rallentato, nonché l’ottimo assolo dell’axeman Pontus Norgren. La struttura semplice la rende scorrevole nonché immediatamente memorizzabile nelle sue melodie, fino al bellissimo finale più energico ed armonico. Un ottimo pezzo quindi, che fa da preludio all’immancabile ballad acustica: questa volta è il turno di “Send Me a Sign”. Chitarra acustica e voce assoluti protagonisti nella prima parte del brano, fino alla ripresa dell’ultimo ritornello, con batteria e chitarre distorte sul finale. La voce di Joacim Cans tesse melodie su melodie, accompagnata dal delicato tocco di un arpeggio acustico. L’evocativo refrain rende il brano abbastanza interessante, anche se alla fine dell’ascolto non percepiamo quella sensazione di compiutezza e carica emotiva che ci si aspetterebbe da una ballad. Se poi teniamo anche conto che non si tratta di un brano scritto dagli svedesi, ma di una cover dei Pokolgép (gruppo ungherese), la song diventa ulteriormente trascurabile nell’analisi globale del disco. Finalmente si torna a pestare sull’acceleratore con “Dia De Los Muerto”, brano dai connotati power, con tanto di doppia cassa martellante e ritmiche velocizzate, con melodie a tratti cupe e a tratti più ariose. Anche in questo caso la struttura risulta semplice e classica nella sua impostazione, ma ciò non toglie che il brano sia valido e piacevole. L’assolo di chitarra non è particolarmente innovativo e magari qualcosa in più poteva essere tirato fuori dalla mente di Norgren, che si limita a proporre tapping velocizzati e lente melodie armonizzate. L’unica virgola è il finale: piuttosto insipido, ci dà la sensazione di essere stato abbozzato in un lasso di tempo breve, senza prendersi troppo la briga di elaborarlo ed arrangiarlo in maniera più degna, lasciandoci l’amaro in bocca. Peccato, perché il pezzo in se è semplice ma buono. “I Refuse” è un altro classico pezzo alla Hammerfall, un mid-tempo carico d’adrenalina negli accattivanti riff del chitarrista-fondatore Oscar Dronjak. L’incedere è marziale e piuttosto classico, senza strafare in soluzioni troppo contorte o sperimentali (dagli svedesi, abbiamo capito che non ci si può aspettare più di questo), anche se va segnalato almeno l’intento di cambiare un minimo le carte in tavola e sperimentare qualche piccola soluzione nuova, grazie ad un ritornello strano, stantio, cupo e controverso. Potrà piacere o non piacere, ma almeno l’attenzione si desta per l’ascolto di qualche soluzione melodica diversa rispetto allo standard. Proseguiamo l’album con “666 – The Enemy Within”, dove, dopo un’atipica introduzione con tanto di suoni elettronici di tastiera, ancora una volta abbiamo riff di chitarra piuttosto insipidi e privi di inventiva, mal incastrati tra loro, rendenti quindi il brano scialbo e poco scorrevole. “Immortalized” ci presenta finalmente dei riff e delle ritmiche più interessanti, pur rimanendo fortemente ancorata all’heavy sound degli svedesi. Questo sano mid-tempo non farà certo gridare al miracolo, ma gode di una certa scorrevolezza nel suo incedere. Godibili anche l’intermezzo e il veloce assolo di chitarra centrale. Resta quindi un brano discreto, anche se gravato dalla pecca di un’ulteriore senso di incompiutezza nell’arrangiamento e nella costruzione. A risollevare il tiro ci pensa “Let’s Get It On”, che fin dall’introduzione ci fa palesemente capire che il suo intento sia quello di fare faville in sede live. La portata è tipicamente heavy vecchia scuola, con una veloce cavalcata a supportare la strofa, fino al refrain di stampo hard rock-heavy in pieno stile Hammerfall. Niente di nuovo, non una sola struttura leggermente innovativa, solo fottutissimo ed esaltante heavy metal che vi ritroverete a canticchiare sotto la doccia. La conclusiva e lunga “Redemption” chiude in maniera discreta e nulla di più questa nuova altalenante fatica di Dronjak e soci, presentandoci un brano dai toni epici, con organo in primo piano. La semplice strofa semi-acustica apre la strada ad un ritornello carico e pomposo, con un ottimo Joacim Cans sugli immancabili acuti. Interessante il lungo intermezzo solistico, che sfocia poi nei riff finali consegnandoci così gli Hammerfall del 2011: band che, a giudicare da questo Infected, forse ha bisogno di un lungo esame di coscienza per ritrovare la rotta ed il tiro giusto. Glory To The Brave insegna, ragazzi.


Considerazioni Tecniche e Conclusive:

Ahi ahi, questa volta i templari dell’heavy hanno toppato alla grande. A parere di chi scrive, gli Hammerfall hanno dato alla luce il peggior album di tutta la loro discografia. A conti fatti, solo una canzone è veramente degna di nota in tutto e per tutto, ovvero “The Outlaw”, mentre, per il resto, siamo sommersi da una marea di riff (alcuni ottimi, alcuni discreti) che soffrono però del tremendo difetto di non essere modellati ed assemblati con gusto, perizia compositiva e personalità, e ciò rende l’album piuttosto trascurabile. A fine ascolto, manca infatti lo stimolo giusto per poter tornare ad ascoltare questi 11 brani. La negatività di questa uscita si scontra con un’ovvia produzione potentissima e pulita, e con un tasso tecnico comunque buono e di spessore. Joacim Cans, alla voce, si snoda sempre sulle stesse linee vocali del passato, talvolta soffrendo della mancanza di una dinamica “metal” necessaria per dare la giusta aggressività ai brani. Oscar e Pontus, alle due asce, eseguono a puntino il loro compito, il primo macinando riff su riff, sempre semplici ma potenti e graffianti, ed il secondo capace in varie occasioni di sorprendere con ottimi solos ispirati, tecnici e veloci. La sezione ritmica non si scomoda più di tanto ed il basso di Fredrik Larsson si attiene a seguire le ritmiche di chitarra, pompando a dovere le frequenze basse senza uscire dal proprio schema. Lo stesso dicasi per la batteria di Anders Johannson, anche se più di una volta si dimostra più coinvolto e dinamico rispetto ai vecchi lavori. Detto in altri termini, il packaging (produzione, tecnica, grafica ecc…) di questo nuovo Infected è perfetto, ma al suo interno non c’è nulla: manca la sostanza, manca l’anima che movimentava il coerente heavy metal di dischi come Legacy Of Kings o Crimson Thunder. Cari Hammerfall, quella mano insanguinata in copertina, per quanto bella, non basta per dissuaderci: attendiamo che il buon vecchio martellatore si riprenda a dovere, riportando in auge idee ripetute e riprese quanto volete, ma che almeno siano ben fatte. Diamo un sei di incoraggiamento, anche per la coerenza che la band si trascina dietro dagli esordi, ma se l’intento era quello di creare del metallo contagioso, stavolta non potevano scegliere un titolo più sbagliato di questo “Infected”. 


Tracklist:

01. Patient Zero
02. Bang Your Head
03. One More Time
04. The Outlaw
05. Send Me A Sign
06. Dia De Los Muertos
07. I Refuse
08. 666 – The Enemy Within
09. Immortalized
10. Let’s Get It On
11. Redemption


Voto: 6/10

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