mercoledì 1 dicembre 2010

GAMMA RAY - To The Metal!

Coerenza e classe...

Nome Album: To The Metal!
Etichetta: EarMusic/Edel Germany
Data di uscita: 29 Gennaio 2010
Genere: Heavy/Power Metal


Introduzione:

Dopo il tanto bello quanto canonico sequel del loro album più popolare (Land Of The Free), torna una delle realtà più seguite ed apprezzate nel campo del power metal teutonico. Quello, per intenderci, grezzo, graffiante, di stampo prettamente heavy e quindi condito da poche tastiere. Tornano i Gamma Ray, con il sempre adrenalinico leader Kai Hansen (in passato, primo chitarrista degli Helloween e vero inventore del power metal, già dai tempi di Walls Of Jerico e dei due Keeper), che, anche in questo album, dà prova delle sue capacità di compositore di heavy metal ed esecutore. Tornano con un album interessante (anche se non particolarmente brillante per quanto riguarda nuove idee originali), che, diversamente dalle aspettative, è riuscito a colpirmi fin dai primi ascolti. La formula vincente di questa band è sempre stata quella di non cambiare mai, frutto della consapevolezza di aver scritto sempre un fottutissimo power metal condito da heavy (nella loro discografia sono moltissimi i richiami a Judas Priest ed Iron Maiden) e, come si suol dire, formula vincente non si cambia. Pertanto, rieccoci qui, con questo nuovo (si lo so, ormai ha quasi un anno, ma è comunque un prodotto del 2010!) album dallo stampo coerentemente “gammaraiano”, dove, ancora una volta, non troviamo innovazioni o restyling di alcun tipo, ma solo puro power metal, come Kai ci ha sempre abituati. Quindi, intuile dire che si tratta di qualcosa di indubbiamente già sentito, e chi è alla ricerca di novità stilistiche farebbe bene a rimanere alla larga da questo prodotto. Tuttavia i Gamma riescono, pur restando in canonici stilemi, a catturare, grazie probabilmente ad un’attitudine e ad un “tiro” che poche altre band riescono ad avere nel loro campo. Infatti, da grande fan del power metal (oltre che del metal nella sua totale generalità), io per primo riconosco che il mercato di questo sottogenere è affollato ed ormai saturo di band. Band tecnicamente sempre validissime, ma a cui manca il giusto spirito accattivante per essere in grado di essere vincenti. E questo spirito non manca di certo ai Gamma Ray.


Track By Track:

Non poteva esserci incipit migliore di una splendida “Rise”, song in perfetto stile Gamma Ray: intro pulita, strofe indimenticabili ad un’elevata velocità d’esecuzione, arrangiamenti sempre graffianti ed accattivanti. Il ritornello particolarmente melodico si impregna in testa per non uscirne più. Quindi un’ottima partenza che richiama gli ultimi lavori della band (Majestic e LOTF 2, giusto per fare un paragone diretto). Il seguito è affidato ad una song di facile impatto, la piuttosto classica “Deadlands”. L’impianto generale è improntato verso un heavy-power molto caro alla band tedesca. Le melodie nel refrain ammiccano verso delle soluzioni meno ricercate rispetto al precedente brano e quindi più immediate, ma, ciò nonostante, rimane comunque un brano di grande impatto ed orecchiabilità, con alcuni inserti più velocizzati ed un assolo di chitarra sparato a mille. Rallentano i ritmi, per lasciar spazio all’incedere prettamente hard rock-heavy metal della successiva “Mother Angel”, sicuramente un buon brano, anche se piuttosto canonico (soprattutto il refrain) e fin troppo standard. Buona e melodica la parte solistica, accompagnata da lievi partiture di tastiera. In fin dei conti, si tratta di un brano piacevole da ascoltare, seppur scontato, che di certo non farà gridare al miracolo per innovazioni particolari. Il livello qualitativo dell’album si alza con la struggente “No Need To Cry”, una ballad corposa lenta e melodica, che riporta alla mente grandi lenti della band come Lake Of Tears. Accompagnata da un piglio orchestrale e pianistico delicato e perfettamente incastrato nella struttura, la canzone si sussegue tra momenti altamente emozionanti (come il ritornello e la sezione d’assoli), “rovinati” forse, a livello atmosferico, solo da un bizzarro intermezzo acustico, cantato dal bassista Dirk Schlächter. Questo interludio, particolarmente allegro, stacca troppo dal resto dell’atmosfera emozionante e malinconica della canzone, risultando pertanto un po’ fuori dal contesto. Tuttavia, dopo vari ascolti, riuscirete ad abituarvici. Segue un altro ottimo brano, il più oscuro dell’album: “Empathy”. Trattasi di un buonissimo mid-tempo particolarmente aggressivo e carico di pathos, come si intuisce anche solo dalla semplice introduzione in chitarra pulita. Non brilla certo per troppa originalità in ritmiche o struttura, ma questo brano è comunque in grado di colpire positivamente l’ascoltatore. Se non altro perché è un pezzo abbastanza inusuale nello stile della band. Arriviamo all’unico vero anello debole del full lenght, la title-track “To The Metal”: un brano che lascia l’amaro in bocca da quanto scontato e piuttosto inutile all’economia dell’album. Diciamocelo, hanno voluto fare una classica tamarrata, come si intuisce già dall’eloquente titolo, inserendo un brano di chiaro stampo heavy metal anni ’80. La riproposta dello stile dei noti  Manowar è lampante, e, certo, lo scialbo ritornello non aiuta a farci apprezzare questa song dallo scorrere, quindi, piuttosto banale. Passiamo oltre con “All You Need To Know”, song particolarmente cattiva nel suo incedere, il cui intro è affidato a dei riff feroci ed aggressivi. La canzone vede la partecipazione, nel ritornello, del mitico ex-Helloween Micheal Kiske alla voce (come già accadde su Land Of The Free), ma, nonostante la sua presenza, il ritornello, a causa di una sua eccesiva “zuccherosità” fa perdere forza al brano. “Time To Live” riprende le redini della band, cavalcando su sentieri heavy-power non particolarmente veloci. Il brano si sussegue senza troppa originalità, ma il suo ritornello catchy e il suo incedere lo rendono dannatamente coinvolgente, spingendo l’ascoltatore ad ulteriori ascolti. La seguente “Shine On” viene introdotta da un virtuosismo di basso, e prosegue tra strofe malvagie e violentissime (con Kai Hansen tramutato in un Rob Halford incazzatissimo), ritornelli più ariosi e corali, precisi intermezzi solistici di basso e chitarra. Un buonissimo brano quindi, molto diretto e dalla rapida scorrevolezza. Alcuni suoni di tastiera introducono la conclusiva “Chasing Shadows”, un brano power metal abbastanza standard e canonico che però, come al solito, possiede un tiro ed un piglio azzeccatissimo per non scivolare nel baratro della banalità. Doppia cassa incessante, ritmiche serrate e sottili tappeti tastieristici condiscono questo brano, che acquista ancora più spessore a partire dalla strana e particolare sezione di assoli (ne compare anche uno di tastiera, lanciato a folle velocità, insolito per la band). Perciò, senza tanti fronzoli, questi dieci brani di To The Metal ci consegnano i Gamma Ray del 2010: dei musicisti preparati, con molta esperienza ed in ottima forma, in grado di regalarci ancora, dopo tutti questi anni, dei notevoli episodi musicali.


Considerazioni Tecniche e Conclusive:

To The Metal è quindi un album buono, che di certo non mancherà di soddisfare i palati affamati di power “made in Germany”, o meglio, il power “made in Kai Hansen”. Parliamo proprio di lui, l’internazionalmente noto “zio Kai”, l’inventore indiscusso del power metal con i suoi ex-Helloween, leader instancabile e totalmente devoto alla fiamma dell’heavy metal: anche in questo disco, la sua prestazione canora è intrigante e maligna. Pur non essendo tecnica, la sua voce riesce sempre a trasmettere, proprio perché il suo timbro è immediatamente riconoscibile. Fenomenale nelle frequenze alte ed oscura nella frequenze basse, è un trademark nel sound della band, e, di certo, dona quel qualcosa in più ai brani (un po’ come Hansi nei Blind Guardian, insomma). Dan Zimmermann, asso indiscusso dietro alle pelli e macchina da guerra in sede live, riempie alla perfezione e non manca di inserire qualche passaggio più tecnico e più studiato, rispetto ad una canonica doppia cassa sparata a mille. Henjo Richter, chitarrista dal faccino tutt’altro che plumbeo, ci propina impareggiabili assoli di chitarra, ispirati e, come sempre, ottimamente eseguiti. Ed infine Dirk Schlächter, si riconferma bassista completo sia dal punto di vista tecnico che ritmico, eseguendo degnamente il suo sporco compito. Tralasciando le consuete ottime produzioni e i suoni perfettamente bilanciati in fase di mixaggio, la band, è superfluo ribadirlo, tecnicamente ci sa fare e lo dimostra anche in questo nuovo lavoro. La copertina è, a mio avviso, una delle più belle e cariche di colori tra quelle utilizzate per un disco dei Gamma Ray, e risulta decisamente azzeccata per il titolo dell’album ed i suoi contenuti musicali. Capolavoro della band? Album dell’anno? No, sicuramente no. Resta un album godibilissimo di sano e saziante power metal europeo, dall’inizio alla fine (ok, sorvolando sulla title-track), con buonissimi episodi ed altri un po’ meno convincenti. Un album che non spicca, come già detto, per originalità, non spicca per idee nuove e non mancherà di dare numerose sensazioni di deja vù, ma che vince sul lato carismatico ed è in grado di farci muovere la testa e le dita a ritmo. E, permettetemi di dirlo, dai grandi Gamma Ray pretendiamo proprio questo, e nulla di più.


Tracklist:

01. Rise
02. Deadlands
03. Mother Angel
04. No Need To Cry
05. Empathy
06. To The Metal
07. All You Need To Know
08. Time To Live
09. Shine Forever
10. Chasing shadows


Voto: 7,5

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