lunedì 4 aprile 2011

4TH DIMENSION - The White Path To Rebirth

Nuove sinfonie dall’Altopiano!


Nome Album: The White Path To Rebirth
Etichetta: Crash & Burn Records
Data di uscita: 25 Marzo 2011
Genere: Symphonic Power Metal

Introduzione:

Si sa, il power metal è ormai da anni un genere saturo, in cui numerosissime band-clone si rifanno ai più grandi nomi del genere, per proporre al pubblico riff, melodie e pomposità che certo non portano a nulla di nuovo nell’intera scena. Questa giovane band di Asiago esordisce nel 2011 con il suo primo parto discografico. Ma facciamo un salto indietro, per un momento. I 4th Dimension nascono nel 2005 per volontà di Andrea Bicego (voce) e Talete Fusaro (tastiera), e gli esordi sono caratterizzati soprattutto da cover dei più blasonati nomi del genere: Sonata Arctica e Stratovarius in primis, e nomi meno altisonanti come i Burning Point. Nel 2010 hanno la grande possibilità di registrare finalmente un disco di inediti, prodotto nientemeno che da Alessio Lucatti (tastierista di Vision Divine e White Skull). Finita la registrazione, in cui militano, tra l’altro, ospiti di tutto rispetto come Fabio Lione (noto singer di Rhapsody Of Fire, Vision Divine) e lo stesso Lucatti, arriva presto il contratto con la nostrana indipendente Crash & Burn Records e, assieme a questo, la notizia che ogni musicista vorrebbe ricevere: la conferma di un tour europeo, assieme agli importanti nomi di Labyrinth e, soprattutto, dei maestri Sonata Arctica. E così inizia l’avventura per la nostra band di Asiago, gli apprezzamenti piovono, assieme (com’è naturale) a qualche critica, e le stampe specializzate si interessano sempre più al nome dei 4th Dimension. Detto questo, passiamo al disco. L’esordio dei vicentini si presenta, com’è auspicabile, come un lavoro ispirato fortemente dai grandi del genere, ma la band ha, tuttavia, la capacità di inserire finalmente qualcosa di nuovo nel sound. Non tanto nelle strutture, ma nell’atmosfera che sanno sprigionare questi 5 ragazzi, negli arrangiamenti, nelle melodie e soprattutto nella voce di Andrea. Lontano dai soliti stilemi canori abusati nel power più canonico, Andrea si rivela essere più di un semplice cantante: diventa un interprete, un “poeta” in grado di mirare dritto al cuore dei suoi ascoltatori. Passiamo ora all’analisi del disco. Premetto subito una cosa: conosco Andrea, conosco i 4th Dimension e ho avuto il piacere di suonare con loro, pertanto perdonatemi se ogni tanto, pur cercando di rimanere il più obiettivo possibile, mi dilungherò in qualche interpretazione soggettiva.


Track By Track:

Come da migliore tradizione, anche “Il Bianco Sentiero della Rinascita” esordisce con un brano diretto ed immediato, dal titolo “The Sun In My Life”. Dopo una breve intro, ci troviamo, infatti, dinnanzi ad una canzone che mette subito in chiaro quali siano gli elementi chiave della band: poca aggressività e molta melodia. Il brano prosegue esplodendo in un ritornello catchy e stuzzicante. Tuttavia, nelle melodie, nella struttura e nei solos di chitarra e tastiera, si tratta di un brano fortemente derivativo, molto ispirato da Strato e Sonata. Poco male, siamo solo all’inizio, e non è certo solo questo che vogliono proporci i nostri. Infatti, tempo qualche secondo, e già stupisce l’epica introduzione di “Consigned To The Wind”. Un brano nuovo e fresco per la scena, che unisce alcune strutture tipicamente power ad altre partiture di stampo quasi prog e più sperimentali. Nell’ottimo refrain, Andrea raggiunge i picchi canori più alti del disco, preferendo poi concentrarsi, nei brani seguenti, su timbriche più calde e su tonalità medie. Quindi questo brano, oltre ad essere il più lungo dell’album (7 minuti), è anche il più controverso, il più particolare, e, come tale, ha bisogno di qualche ascolto in più per essere assaporato fino in fondo. Il “sentiero bianco” continua con “Goldeneyes”, song ultramelodica, a suo modo molto dolce nell’incedere, giocata su tempi medi e melodie ariose. Molto azzeccati, a mio vedere, sono gli arrangiamenti vocali, che esprimono delle vocals calde e morbide, adattissime al testo e all’atmosfera del brano. Notevole anche l’assolo di tastiera centrale, ad opera dell’ospite/producer Alessio Lucatti. Arriviamo alla song  più aggressiva del lavoro, la splendida “Sworn To The Flame”, dotata di un tiro formidabile, grazie a delle accelerazioni degne di nota e ad un ritornello che si stampa in testa, senza tanti complimenti. Una canzone molto diretta e veloce, che farà sicuramente impazzire i fans di queste sonorità. Ottimi i lavori solisti di chitarra e tastiera. Il picco dell’album, a mio parere, è raggiunto dalla song seguente, “Everlasting”: mid-tempo pregevole, dotato di alcuni richiami al power nordeuropeo, ma pregno di sprizzante emozione, grazie ad un ritornello di ottima fattura e grazie anche ad un duetto di Andrea (che in questo brano usa tonalità calde e corpose) con la cantante Melody Castellari. Le due voci si intrecciano a dovere, sfociando in controcanti ed armonizzazioni da pelle d’oca, su un’eccellente base melodica. Arriviamo ad un’altra mazzata del disco, che porta il titolo di “A New Dimension”. Il brano vede un duetto di Andrea con il singer Fabio Lione, che di certo non ha bisogno di presentazioni, e non poteva esserci song più azzeccata per tale esperimento. Infatti la base musicale è fortemente ispirata dai nostrani Rhapsody Of Fire, con tanto di pomposi arrangiamenti orchestrali e doppia cassa impazzita, e le due voci interpretano a dovere l’andamento del brano. Anche questa canzone ha bisogno di ripetuti ascolti secondo me, poiché, pur essendo molto melodica, è dotata di molti stacchi e di un incedere sostenuto e martellante. Un ottimo brano ad ogni modo, stilisticamente diverso rispetto agli altri up-tempo del disco. La prima ballad dell’album (consueta nei dischi del genere) è “Winter’s Gone”: introdotta da una chitarra acustica, prosegue su binari sicuri ed emozionali, come da miglior tradizione. Ottimi gli interventi orchestrali, l’assolo centrale di chitarra, il ritornello pomposo e melodico, e ancora una volta, ottima l’interpretazione di Andrea (tra l’altro, anche autore di questo brano). La ballad in questione (uno degli highlights del disco) ricorda molto i lenti di Tolkki e compagnia, come le vecchie “Years Go By”, “Coming Home” e via dicendo, ma è capace di centrare il bersaglio nel saper esprimere un fiume in piena di emozioni musicali, e da una power ballad ci aspettiamo proprio questo. La seguente “Labyrinth Of Glass” è, a mio avviso, la canzone meno riuscita del platter. Certo, questo terzinato si fa ascoltare e scorre con facilità, ma dinnanzi a quanto finora ascoltato, rappresenta un calo qualitativo, sia nel ritornello (dotato di una melodia di poca presa) sia nell’incedere generale. Non si può certo girare troppo il dito nella piaga, si sa quanto sia difficile oggi proporre qualcosa di nuovo e che, al contempo, funzioni nell’ambito del metal. Poco male comunque, perché arriviamo alla penultima “Angel’s Call”, che ha delle strutture melodiche forse ancora più abusate di quelle della song precedente. Si tratta, infatti, del brano più commerciale e catchy del disco, ma, nonostante questo, funziona alla grande e vi ritroverete ad intonarne il ritornello a squarciagola. A staccare un po’ dal consueto ci pensa una ben riuscita parte narrata centrale. Song quindi riuscita ed adattissima per i live. La “rinascita” culmina con la conclusiva “Landscapes (Vestige Of The Earth)”, un brano fortemente atipico ma dannatamente riuscito ed originale. Trattasi infatti di una ballad interamente pianistica, in cui regna sovrana la voce di Andrea, che, attraverso un continuo sussurro, ci introduce a visioni naturalistiche e a paesaggi che declamano l’imponenza della natura (spero di aver interpretato le liriche in modo corretto). Il brano è un capolavoro di delicatezza, dotato di vari cambi di scale che lo rendono particolarmente originale ed enigmatico. Quindi un altro centro, che porta alla conclusione di questo viaggio. Questa band ha molte carte in tavola per poter stupire ancora di più in futuro, bisogna rendergliene atto, ed intanto vi invita ad immergervi nelle sensazioni e nelle emozioni emanate dalla loro pregevole musica.


Considerazioni Tecniche e Conclusive:

Una buonissima prima prova quindi, per questa band cresciuta a pane e power europeo. Una prova che testimonia la voglia di sperimentare qualcosa di diverso, la volontà di osare, al di là dei connotati sicuri (e, spesso, remunerativi) di cui il power melodico è saturo. Alcune note dal punto di vista tecnico: la voce di Andrea, come spesso ribadito, dà un tocco in più alle composizioni, in quanto capace di variare da registri alti (usati raramente) a registri più bassi che puntano maggiormente alla teatralità e all’interpretazione dei brani. Altro assoluto protagonista è Talete, capace di tessere trame melodiche e tappeti tastieristici  a volte canonici ma efficaci, conditi da assoli davvero ben riusciti, veloci, precisi e perfettamente incorniciati nel contesto sonoro della band. La batteria di Massimiliano Forte ed il basso di Stefano Pinaroli accompagnano a dovere la band senza infamia né lode, così come le chitarre di Michele Segafredo, chitarrista abile e preciso in fase ritmica, ma che forse potrebbe osare di più in fase solistica, dove in quest’album, a mio parere, è la tastiera ad avere più spazio. Sono sicuro che l’esperienza che acquisirà in futuro lo farà emergere a dovere. I testi, tutti ad opera di Andrea, sono molto curati e, in molti frangenti, lasciano trasparire poesia e  sentimenti di speranza. Anche la produzione è curatissima, così come l’artwork e l’immagine della copertina, che ben si adatta all’immaginario della band (Asiago, neve, inverno, colori freddi, ecc…). Consiglio vivamente l’acquisto di questo bel lavoro della band di Asiago, sia per gli amanti del metallo melodico e per chiunque voglia acquistare della buona musica nostrana e voglia supportare una band valida e con una sempre più crescente esperienza on stage. Il “bianco sentiero della rinascita” è stato intrapreso, e, mi permetto di dire, si tratta del sentiero giusto. Bravi, 4th Dimension.


Tracklist:

01. The Sun In My Life
02. Consigned To The Wind
03. Goldeneyes
04. Sworn To The Flame
05. Everlasting
06. A New Dimension
07. Winter’s Gone
08. Labyrinth Of Glass
09. Angel’s Call
10. Landscapes (Vestige Of The Earth)


Voto: 8/10

2 commenti:

  1. E io che l'ho ascoltato in macchina con te posso dire che si tratta si un lavoro davvero niente male :-)

    E.

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  2. Mi fa piacere, e farà piacere anche a loro sicuramente :) eheh evviva gli ascolti-rivelazione durante il viaggio per andare alle prove XD

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